Sovrappeso in età pediatrica: il possibile intervento psicologico
I DATI A NOSTRA DISPOSIZIONE
Secondo gli ultimi dati della Childhood Obesity Surveillance Initiative (2015-17) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
in Italia il 42% dei bambini e il 38% delle bambine è obeso o in sovrappeso
Nonostante la dieta mediterranea, riconosciuta dall’UNESCO come bene protetto e inserita nella lista dei patrimoni dell’umanità nel 2010, secondo i dati provenienti da queste statistiche sarebbero proprio i paesi che si affacciano sul Mediterraneo a raggiungere il più altro tasso di obesità infantile (dal 18% al 21%).
Per contrastare e prevenire l’obesità infantile, ridurre la sedentarietà e aumentare il tempo dedicato al gioco attivo è una strategia importante. Tuttavia, secondo i dati provenienti dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), dal Ministero della Salute e dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), un bambino su quattro dedica solo un giorno a settimana allo svolgimento di giochi di movimento.
L’obesità infantile può causare conseguenze a livello polmonare, ortopedico, essere predittiva dell’obesità adulta, causando quindi predisposizione a complicanze cardocircolatorie, endocrine, gastrointestinali e psicologiche, come scarsa autostima, insicurezza e ritiro sociale.
EMOTIONAL EATING NELL’INFANZIA
Tra le cause del sovrappeso in età pediatrica è possibile citare anche gli aspetti emotivi e psicologici.
Tra questi, pure nel bambino è possibile parlare di emotional eating, vale a dire quella situazione in cui le emozioni vengono confuse, fronteggiate o affrontate attraverso l’assunzione di cibo.
Tutti noi mangiamo non solo per alimentarci, ma anche legando il cibo a specifiche situazioni emotive. Tuttavia, alle volte possiamo creare un rapporto distorto tra cibo e emozioni. Il cibo può quindi diventare, per un bambino, un mezzo per sedare la noia, riempire la solitudine, gestire emozioni quali la rabbia, e molto altro ancora.
Una importante strategia di risoluzione del problema è rappresentata dall’adozione di un corretto stile di alimentazione familiare, attraverso un meccanismo di apprendimento sociale.
I genitori rappresentano l’esempio più opportuno per trasmettere ai figli abitudini alimentari bilanciate ed equilibrate e le corrette attitudini verso il cibo, ricordando che il pasto è un momento di convivialità, condivisione, pausa. Molto sotto questo punto di vista può essere fatto anche nei contesti scolastici.
Queste strategie diventano fondamentali a partire dalla primissima infanzia, prevenendo sovrappeso e obesità, promuovendo fin da subito esperienze positive e rapporti sani con il cibo e, quindi, col proprio corpo.
L’INTERVENTO PSICOLOGICO
Lo psicologo può aiutare in questi casi, sostenendo l’intera famiglia attraverso un percorso di consapevolezza del proprio rapporto con il cibo e con la salute in generale. Si tratta di interventi volti a potenziare le competenze genitoriali, motivare al cambiamento, sciogliere i sensi di colpa e supportare gli aspetti emotivi legati al cattivo rapporto col cibo e col proprio corpo.
Si tratta di un percorso di educazione che ha lo scopo di modificare atteggiamenti e comportamenti disfunzionali, dove si mira anche di promuovere l’empowerment del bambino rendendolo autonomo e consapevole delle proprie scelte di vita e salute.
Emanuela Castro
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