Indice
Per le professioni di:
– Psicologo
– Dottore in tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro
– Dottore in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità
L’Esame di Stato psicologia può essere sostenuto nelle seguenti città:
– BARI
– BOLOGNA
– CAGLIARI
– CHIETI (G. D’Annunzio)
– FIRENZE
– GENOVA
– L’AQUILA
– MESSINA
– MILANO (Univ. Cattolica)
– MILANO – Bicocca
– NAPOLI (Univ. Federico II)
– NAPOLI (II Università)
– PADOVA
– PALERMO
– PARMA
– PAVIA
– ROMA (La Sapienza)
– TORINO
– TRIESTE
Possono iscriversi all’albo A i laureati che hanno superato l’Esame di Stato Psicologia secondo il vecchio ordinamento didattico, (previgente la riforma di cui al D.M. 509/99) e che hanno svolto un anno di tirocinio, coloro che hanno conseguito la laurea specialistica afferente la classe 58/S (DM 509/99) ed hanno svolto e concluso il tirocinio annuale previsto dall’art. 52 del D.P.R. 5/06/2001 n. 328 e per coloro che hanno conseguito una laurea magistrale LM 51 (DM 170/04), le prove consistono in (DPR 328/01):
Per esercitare la professione di psicologo è necessario aver conseguito una laurea in psicologia, aver svolto un anno di tirocinio e il relativo esame di stato psicologia ed essere iscritti alla sezione A dell’Albo professionale, ai sensi dell’art. 7 della Legge 18 febbraio 1989, n. 56. In sede di prima applicazione della legge, ai fini dell’istituzione stessa dell’Albo, l’iscrizione è avvenuta ai sensi dell’artt. 32, 33 e 34 della medesima.
Secondo l’articolo 1 della Legge n. 56 del 1989 sull’Ordinamento della professione di Psicologo, l’attività dello psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità. Comprende altresì le attività di sperimentazione, ricerca e didattica in tale ambito.
Lo psicoterapeuta è il professionista psicologo, o anche medico, che ha conseguito una specifica formazione professionale di durata almeno quadriennale, presso scuole pubbliche o private riconosciute.
L’abilitazione all’esercizio della psicoterapia avviene ai sensi dell’art. 3 della Legge 18 febbraio 1989 n.56. Tuttavia in fase di prima applicazione della Legge è avvenuta anche ai sensi dell’art. 35 della medesima. La legge 56/89, oltre a definire – all’art. 1 – la professione di psicologo, indica anche – all’art. 3 – i requisiti per l’esercizio dell’attività psicoterapeutica:
“L’esercizio dell’attività psicoterapeutica è subordinato a una specifica formazione professionale, da acquisirsi, dopo il conseguimento della laurea in psicologia o in medicina e chirurgia, mediante corsi di specializzazione almeno quadriennali che prevedano adeguata formazione e addestramento in psicoterapia, attivati ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 marzo 1982, n. 162, presso scuole di specializzazione universitaria o presso istituti a tal fine riconosciuti con le procedure di cui all’art. 3 del citato decreto del Presidente della Repubblica.”
Per esercitare la professione di psicoterapeuta è obbligatorio essere iscritti all’Albo professionale.
Dato che possono accedere a questa specializzazione sia medici che psicologi, chiaramente l’obbligo di sostentere l’esame di stato psicologia vale solo per questi ultimi.
Professione: Dottore in tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro. Dottore in tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità. Possono iscriversi gli studenti che hanno superato l’Esame di Stato Psicologia e che abbiano conseguito la laurea nelle seguenti classi: classe 34 (ex DM 509/99), classe L24 (ex DM 270/04), classe 58/S (ex DM 509/99), classe LM-51 (ex DM 270/04), oltre che i laureati secondo il vecchio ordinamento didattico in Psicologia; e che abbiano concluso il tirocinio semestrale previsto dall’art. 53 del DPR n. 328/01.
Le prove consistono in: (DPR 328/01)
Per esercitare la professione di dottore in tecniche psicologiche è necessario aver conseguito una laurea triennale, aver svolto un tirocinio professionalizzante, aver sostenuto l’apposito esame di stato psicologia ed essere iscritti
alla sezione B dell’Albo in uno dei seguenti settori “Tecniche psicologiche per i contesti sociali, organizzativi e del lavoro” o “Tecniche psicologiche per i servizi alla persona e alla comunità”.
Ai sensi della Legge 11 luglio 2003, n. 170, Le attività professionali che i dottori in tecniche psicologiche possono svolgere sono le seguenti:
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Forse dirò una cosa scontata nell’affermare che s’impara in modo più efficace se siamo attivi piuttosto che passivi durante il processo di apprendimento. Tale affermazione è anche confermata dalla teoria della piramide dell’apprendimento.
La piramide dell’apprendimento nasce da National Training Laboratories (NTL) per la Scienza Comportamentale Applicata, 300 N. Lee Street, Suite 300, Alexander, VA 22314, USA. Le percentuali rappresentano la media del ricordo di informazioni o attività a seguito di un insegnamento con il metodo indicato. Nel 1954 una piramide simile, con numeri leggermente diversi, era apparsa in un libro “mezzi audiovisivi nella didattica”, pubblicato dalla Dale Edgar Dryden Press, New York fornendo alcune prove per l’efficacia dei diversi metodi di insegnamento.
Il modello interattivo descritto nella Piramide dell’Apprendimento dice che non puoi imparare solo leggendo o guardando un video: devi anche “fare” (e possibilmente avere feedback da un insegnante). L’apprendimento, infatti, è aiutato dai feedback, che incoraggiano mediante controlli continui e ci dicono che stiamo facendo bene, ci rassicurano che stiamo imparando con successo.
La teoria della Piramide dell’Apprendimento (Learning Pyramid) afferma infatti che il modo peggiore per apprendere qualcosa sia ascoltare. Seguito da leggere: se leggi, dopo pochi giorni ti ricordi solo il 10% di quanto hai appreso, anche se era un’informazione che volevi ricordare. Se invece fai o addirittura insegni agli altri, ti ricordi tra il 75 e il 90% di quanto hai appreso.
L’apprendimento esperienziale è il più efficace, ad esempio, utilizzando le informazioni per risolvere un problema, siamo più propensi a ricordare ciò che abbiamo imparato. Soprattutto siamo più propensi ad assimilare ed elaborare le informazioni che stiamo ricevendo.
Bene! Ora vi starete chiedendo: come faccio a rendere esperienziale un qualcosa che devo imparare a memoria, come ad esempio lo studio della prima prova?
Un ulteriore consiglio per superare al meglio l’esame di stato psicologia, è di studiare insieme a qualcuno.
Gli amici nei periodi di stress sono sempre una grande risorsa. Preparare lo studio con una persona amica vi sarà sicuramente d’aiuto sia a livello di apprendimento sia di condivisione delle emozioni che accompagnano l’esame.
Lo studio sarà più piacevole, magari davanti ad una bella tazza di tè, e si potrà beneficiare dell’apprendimento per esperienza dividendosi gli argomenti da ripetersi l’un l’altro.
Potreste scrivere delle esercitazioni e farle correggere al vostro compagno di studi, oppure elaborare tracce nuove da proporvi a vicenda.
Mi ricordo che quando studiavo per sostenere la terza prova avevamo inventato un gioco per studiare in modo efficace ma divertendoci, ve lo svelerò nell’apposito capitolo sulla terza prova 😉
Tutti quanti ci chiediamo quali siano i criteri di valutazione delle commissioni dell’esame di stato psicologia. In realtà non esiste un elenco certo di tali criteri, ma nel corso degli anni ho riscontrato che generalmente vengono apprezzati i seguenti requisiti generali:
Una volta acquisite le informazioni generali sull’esame di stato in psicologia è il momento di cimentarci con lo studio per la preparazione delle varie prove.
La prima prova dell’esame di stato in psicologia verterà sui seguenti argomenti:
Sostanzialmente si tratta di costruire un tema su un argomento della psicologia (di solito della psicologia generale). Il tema prevede la descrizione di una teoria di riferimento, con i relativi autori significativi e i costrutti e le variabili studiate. Seguono gli strumenti di indagine, i contesti di applicazione o i fenomeni spiegabili dalla teoria e un possibile intervento.
Gli argomenti vengono scelti arbitrariamente dalla varie commissioni. Nella maggior parte delle città vengono prodotte tre tracce, tra le quali ne verrà estratta una che sarà la traccia da svolgere.
Nonostante i temi più frequenti siano quelli di psicologia generale, spesso in alcune città vengono estratti temi che riguardano la psicologia dello sviluppo, la metodologia della ricerca, la psicologia sociale e addirittura la deontologia professionale (quest’ultima è di solito oggetto della prova orale).
La prima prova dell’esame di stato in psicologia è imprevedibile. Richiede una preparazione molto ampia ma non dispersiva.
Bisogna essere pronti ad affrontare qualsiasi traccia. È necessario sviluppare una flessibilità che consenta di riorganizzare le teorie studiate riadattandole alle richieste della commissione.
Non è necessario studiare milioni di teorie per ogni argomento. Bisognerà approcciare allo studio in modo strategico individuando degli argomenti che possono essere riadattabili a più tracce.
Uno degli errori più frequenti è infatti quello di studiare tantissime teorie per ogni argomento, ma in modo superficiale.
Studiando in questo modo spesso ci ritroviamo a spendere molto tempo a memorizzare una serie di informazioni, il che ci fa sentire sicuri e preparati.
Solo nelle ultime settimane prima dell’esame s’inizia poi a cimentarsi nella stesura dei temi esercitandosi sulle tracce estratte nelle precedenti sessioni. È in quel momento che veniamo assaliti dal panico: ci rendiamo conto che, nonostante i nostri sforzi e le ore passate sui libri negli ultimi mesi, non siamo in grado di svolgere la traccia del tema in modo completo.
Ci accorgiamo che le numerose informazioni in nostro possesso non sono in realtà funzionali alle richieste della commissione.
Si corre allora in libreria cercando qualcosa di più completo. In preda all’ansia si finisce per spendere una miriade di soldi comprando tutte le più aggiornate edizioni dei libri di psicologia generale, alla ricerca delle informazioni che ci servono per rispondere adeguatamente alla traccia. In sostanza ci si ritrova nelle ultime settimane a ristrutturare tutto lo studio fatto fino a quel momento.
Cominciamo con il selezionare quegli autori che, grazie alle loro teorie, ci permettono di rispondere a
più interrogativi anche in maniera trasversale alle varie prove.
Un ottimo esempio è la teoria dell’attaccamento di Bowlby, che ci permetterebbe di svolgere i seguenti temi per la prima prova:
Lo stesso autore ci darebbe la possibilità di sviluppare un progetto di ricerca-intervento per la seconda prova in merito agli stili di attaccamento per favorire il benessere nelle famiglie a partire dai primi mesi di vita del bambino.
E infine potrebbe darci una chiave di lettura del caso clinico in chiave cognitivo-comportamentale secondo cui il primato organizzativo dei modelli operativi interni dell’attaccamento è particolarmente importante per comprendere la progressiva genesi dei disturbi psicopatologici e in particolare delle complesse organizzazioni cognitivo-interpersonali che mantengono tali disturbi.
Potrebbe anche essere utile per il caso clinico infanzia e ad adolescenza sui disturbi dell’attaccamento.
Come vedete con una sola teoria sono stati elaborati 5 temi, 1 progetto e 2 casi clinici. Inoltre la teoria è estremamente flessibile e permette di riadattare le conoscenze alle richieste insolite dei temi della prima prova, come ad esempio il tema sul ruolo dell’esperienza nell’adattamento individuale e sociale.
La preparazione della prova, quindi, deve partire dall’analisi delle tracce precedenti della propria città, per comprendere come vengono formulate le richieste.
Sarà sicuramente d’aiuto fare una statistica dei temi maggiormente estratti, iniziare a studiare da quelli per poi passare ad approfondire gli altri, magari cercando di collegarli alle teorie già studiate.
È utile collegare quanto più possibile lo studio della prima prova con quello della seconda prova.
Se ad esempio state svolgendo un tema sull’apprendimento sarà utile strutturare il tema con delle teoria e degli ambiti applicativi che siano utili anche per la seconda prova.
Per esempio possiamo pensare di strutturare il tema a partire dai disturbi dell’apprendimento e strutturare un progetto sullo stesso argomento. In questo modo ottimizziamo le risorse e ci sarà più facile ricordare le informazioni per sostenere entrambe le prove.
Arriva finalmente il giorno dell’esame, purtroppo potrebbe presentarsi uno scenario di questo tipo: file interminabili, attese fuori dall’aula, studenti che esprimono le loro peggiori paure… non ascoltate nulla!
Voi siete preparati. Siete competenti e saprete rispondere a ogni interrogativo grazie alla vostra preparazione trasversale. Non fatevi contagiare dalle paure altrui e dalle leggende metropolitane che si scatenano poco prima dell’inizio della prova.
Avete fatto tutto quello che era necessario per un’adeguata preparazione, quindi aspettate il vostro turno e fate un bel respiro profondo.
Un po’ di emozione sarà inevitabile, ma se iniziate a scrivere anche solo una riga, il resto verrà da sé. Recupererete tutto quello che c’è nella vostra memoria come per magia.
L’importante è cominciare a posare la penna sul foglio. Per questo, la prima cosa da fare sarà quella di scrivere una definizione del costrutto richiesto dalla commissione.
Un’ottima strategia è quella di scrivere schematicamente i punti da svolgere sulla “brutta copia”, sarà utile per focalizzare i punti cardine delle idee che circolano in mente.
Questo farà si che il vostro tema sarà coerente, ordinato e le idee verranno esposte in ordine sequenziale e comprensibile. Inoltre avrete il vantaggio di non dimenticare delle cose importanti.
Un’altra strategia è quella di citare un esperimento a sostegno della teoria descritta. L’esperimento è sempre accettato di buon grado poiché contribuisce a dare rigore scientifico a ciò che state scrivendo e favorisce la comprensione degli aspetti teorici più complessi.
Nella seconda prova, generalmente, la traccia è unica per tutti. Per questo motivo è di solito molto libera. Si chiede al candidato di strutturare un progetto di intervento.
Tra le possibili richieste per questa prova possiamo annoverare i seguenti argomenti:
Nel rispondere alle richieste occorre sempre tenere presente che è necessario rispettare una coerenza interna al progetto e attenersi alla realtà entro cui s’interviene.
Pertanto, obiettivi effettivamente realizzabili in quel contesto, per quella problematica, dovranno essere tradotti in azioni da realizzarsi con adeguate risorse umane, in tempi plausibili e dovranno prevedere costi in sintonia con le risorse economiche disponibili.
Nel titolo è necessario spiegare in poche parole l’oggetto dell’intervento. È consigliabile inserirlo per dare un’idea generale del vostro progetto. Se non vi viene in mente nulla di creativo non vi preoccupate va bene anche un titolo generico!
È la prima parte che viene letta, quindi, deve avere la capacità di trasmettere, in prima lettura, un’adeguata conoscenza del problema, delle sue caratteristiche, dell’originalità del progetto e della sua importanza e fattibilità.
In questa fase è necessario specificare la teoria che guida il progetto. Se è stato fatto un buon lavoro di collegamenti già con lo studio della prima prova questa parte sarà molto facile da realizzare e ne verrà fuori un progetto estremamente coerente e con estremo rigore scientifico.
Si tratta della popolazione sulla quale sono attesi i cambiamenti desiderati quindi deve essere descritta in modo chiaro.
L’identificazione degli obiettivi corrisponde al chiarimento delle cose che si desidera cambiare. La formulazione di obiettivi specifici è di fondamentale importanza per la valutazione dell’efficacia dell’intervento.
È evidente, infatti, che se non è chiaro quali cambiamenti ci si attende, non è possibile valutare se si sono verificati o no come conseguenza dell’intervento.
Quindi, gli obiettivi, le metodologie e la successiva valutazione devono essere sempre collegati tra loro in modo chiaro e facilmente intuibile.
Possono essere di diverso tipo: umane (le persone e le professionalità coinvolte nella realizzazione del progetto (attori del progetto).
Le risorse finanziarie possono essere di diverso tipo: quelle previste entro il POF (Piano dell’Offerta Formativa) della scuola nei fondi destinati alla promozione della salute e del benessere tra i giovani.
Quelle ottenute avendo partecipato a un bando promosso dall’assessorato alle politiche sociali del comune, oppure dalla Comunità Europea, ecc…
La metodologia si riferisce al modo in cui si pensa di raggiungere gli obiettivi del progetto, quindi il cambiamento auspicato. Deve avere una sequenzialità logica rispetto agli obiettivi citati in precedenza.
Nella stesura del progetto è necessario tener conto anche delle possibili criticità, che devono essere valutate rispetto al contesto specifico in cui s’intende svolgere il progetto e alla popolazione coinvolta. A tal proposito sarebbe opportuno anche cercare di pensare a come ovviare tali difficoltà e riportarlo nel progetto.
Valutare il progetto è importante in ogni fase che caratterizza il progetto stesso. Questo al fine di:
Generalmente si parla di tre tipi di valutazione: ex-ante, in itinere, ex-post.
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La terza prova dell’esame di stato in psicologia è suddivisa per percorso di studi. Vengono proposte più tracce, che generalmente riguardano i seguenti argomenti:
I candidati possono scegliere di svolgere la prova che desiderano, che può essere quella maggiormente attinente al piano di studi. Oppure quella su cui si sentono più preparati a seconda delle esperienze di tirocinio ecc…
In sostanza viene presentato un caso (clinico, organizzativo o di ricerca) e viene chiesto di sviluppare determinati punti a partire dal testo proposto.
La prima difficoltà che si riscontra nello studio della psicopatologia è proprio quella di trovare un manuale completo.
Il manuale deve essere esaustivo ma allo stesso tempo sintetico. Tutto con rispetto alla mole di informazioni presenti sull’argomento.
Molti manuali, infatti, trattano solo l’aspetto della diagnosi.
Altri si concentrano maggiormente solo sul trattamento dei vari disturbi.
Altri ancora sono destinati a lettori che svolgono una professione medica o psicoterapeutica.
Quei pochi manuali che sono destinati agli psicologi spesso non sono adeguatamente esaustivi. Soprattutto rispetto al modo in cui uno psicologo può effettivamente approcciare al mondo della clinica e della psicopatologia.
Dai un’occhiata al nostro manuale strutturato sulle tracce d’esame
La seconda difficoltà riguarda il fatto che, nel momento in cui si ha di fronte un caso clinico, ci si sente persi senza sapere cosa poter fare.
Oppure, nel caso dell’Esame di Stato in psicologia, cosa poter scrivere senza “invadere” il campo di intervento di altre professionalità.
In realtà questo problema viene spesso riscontrato dagli psicologi clinici una volta terminati gli studi.
Molti di noi non intraprendono l’attività per cui hanno studiato e fatto pratica tanti anni. Perchè hanno la convinzione che, per poter operare come psicologi, si deve necessariamente essere psicoterapeuti.
In realtà il campo di intervento dello psicologo è molto vasto, lo stesso articolo 1 della legge istitutiva dell’ordine afferma che:
“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità…”
Nella libera professione e nel caso specifico della stesura della prova pratica all’Esame di Stato, quindi, siamo per legge autorizzati a fare:
Ed è proprio questo che si richiede al candidato in sede d’esame!
Si propone un caso clinico su cui formulare un’ipotesi diagnostica e delle ipotesi di diagnosi differenziale attraverso l’utilizzo di strumenti conoscitivi specifici della nostra professione.
Si richiede inoltre un intervento basato sull’identificazione di obiettivi volti a incrementare il benessere dell’individuo.
Tra gli strumenti conoscitivi possiamo identificare senz’altro il colloquio psicologico. La cui finalità è la conoscenza dell’altro e del suo funzionamento psichico.
Si identificano anche i test psicologici. Che sono appunto degli strumenti peculiari delle professioni psicologiche. Lo psicologo (iscritto all’ordine) può acquistare e utilizzare qualsiasi tipologia di test psicologico.
Per quanto riguarda il trattamento di determinate patologie è senz’altro utile avvalersi delle competenze di altre professionalità. Anche questo viene esplicitamente richiesto in sede d’esame.
Il primo passo per impostare correttamente il caso clinico, in sede di Esame di Stato, consiste in un’attenta lettura del testo e dei quesiti posti.
È consigliabile leggere il testo una prima volta per farsi un’idea generale del caso. Durante una seconda lettura è opportuno sottolineare gli indicatori che potrebbero farci orientare alla diagnosi di un particolare disturbo.
Con un colore o una sottolineatura diversa, i dati necessari a rispondere agli altri interrogativi. (Come ad esempio i dati per la diagnosi differenziale o quelli su cui riteniamo opportuno fare ulteriori indagini).
Nel caso proposto viene generalmente richiesto di formulare un’ipotesi diagnostica. Ricordiamoci di non dare nulla per scontato e soprattutto non formuliamo una diagnosi come se fosse un dogma.
Cerchiamo di parlare sempre in forma ipotetica es: “I sintomi riscontrabili potrebbero far orientare l’attenzione diagnostica verso un disturbo….”.
Ricordiamo che non è fondamentale indovinare la diagnosi precisa. É più importante far capire alla commissione come siamo arrivati a formulare la nostra ipotesi.
È molto più importante fare un ragionamento coerente e ben argomentato che indovinare di quale disturbo si tratta.
Larga parte del caso sarà, infatti, dedicata alle indagini da proporre.
Quando scriviamo il caso, possiamo provare a immaginare che il paziente descritto sia davanti a noi per un colloquio. Possiamo immaginarlo che entra nella nostra stanza dicendoci buongiorno e dandoci la mano. Possiamo immaginarlo seduto davanti a noi mentre ci racconta il suo caso.
Questo piccolo esercizio di immaginazione sarà sicuramente utile a stimolare la nostra creatività clinica.
Anche la diagnosi differenziale, ove richiesta, dovrà essere messa in forma di ipotesi. Sempre avvalendoci della possibilità di richiedere ulteriori colloqui per acquisire maggiori informazioni.
Una volta terminato il processo di raccolta di informazioni diagnostiche sarà opportuno orientare il paziente al trattamento.
Il trattamento dovrebbe essere quanto più possibile attinente alle problematiche espresse dalla traccia. Al di là dell’approccio teorico prescelto è necessario valutare degli obiettivi terapeutici che favoriscano il benessere dell’individuo che ci sta di fronte.
Si potrebbe specificare che, qual ora fosse confermata l’ipotesi diagnostica principale si potrebbe indirizzare l’individuo verso un tipo di trattamento che sceglieremo in base alle caratteristiche del caso.
Come promesso vengo a svelarvi il gioco d’apprendimento che ho utilizzato per studiare la terza prova insieme alle mie college 😉
Avevamo costruito la “lotteria dei disturbi”, dopo aver scritto il nome di ogni disturbo del DSM su dei foglietti di carta, li abbiamo mescolati dentro una specie di urna.
A turno ognuna di noi “pescava” un disturbo senza svelarlo alle altre, e ognuna di noi costruiva un caso clinico inventato sul disturbo che aveva “pescato”. Fatto ciò si passava il caso clinico prodotto alla collega vicina, che lo svolgeva.
In questo modo facevamo un doppio esercizio divertendoci e mettendo la nostra creatività nello studio.
Da una parte dovevamo fare un esercizio di memoria per ricordare tutti i sintomi del disturbo al fine costruire il caso clinico. Questo esercizio era anche molto divertente ed estremamente efficace per comprendere il quadro generale dei singoli disturbi e ricordarli, poiché le vignette cliniche derivavano dalla nostra creatività.
Nello stesso tempo era anche un ottimo esercizio svolgere i casi prodotti dalle altre. Perché ci si poteva esercitare sempre su casi nuovi, alcuni anche un po’ umoristici poiché ci divertivamo a estremizzare la sintomatologia.
Questo è solo un esempio, ognuno di voi può inventare un gioco d’apprendimento che gli sia congeniale. Anzi vi invito a farlo, e dato che amo collaborare con i colleghi.
Vi invito anche a comunicarmi le vostre idee creative, magari possiamo sviluppare insieme un altro e-book composto dai vari giochi d’aula per facilitare lo studio.
Per il caso clinico infanzia e adolescenza valgono le stesse cose già dette in precedenza per il caso clinico adulto.
La prima difficoltà concreta dello studio della psicopatologia è quella della dispersione dei dati conoscitivi.
Per tale motivo si è tentato di raggruppare i vari aspetti, approcci e metodi rispetto all’argomento in un unico manuale che fosse costruito idealmente rispondendo alle classiche domande che caratterizzano la terza prova dell’esame di stato per psicologi:
Il primo passo per impostare correttamente il caso clinico, in sede di Esame di Stato, consiste in un’attenta lettura del testo e dei quesiti che vengono posti.
È consigliabile leggere il testo una prima volta per farsi un’idea generale del caso, durante una seconda lettura è opportuno sottolineare gli indicatori che potrebbero farci orientare alla diagnosi di un particolare disturbo ed eventualmente, con un colore o una sottolineatura diversa, i dati necessari a rispondere agli altri interrogativi (come ad esempio i dati per effettuare la diagnosi differenziale o quelli su cui riteniamo opportuno fare ulteriori indagini).
Nel caso proposto viene generalmente richiesto di formulare un’ipotesi diagnostica, ricordiamoci di non dare nulla per scontato e soprattutto non formuliamo una diagnosi come se fosse un dogma.
Cerchiamo di parlare sempre in forma ipotetica es: “i sintomi riscontrabili potrebbero far orientare l’attenzione diagnostica verso un disturbo….”
Ricordiamo che non è fondamentale indovinare la diagnosi precisa, quanto più far capire alla commissione come siamo arrivati a formulare la nostra ipotesi.
È molto più importante fare un ragionamento coerente e ben argomentato che indovinare di quale disturbo si tratta. In particolar modo, il caso clinico in età evolutiva a differenza di quello adulto, appare ancora più sensibile alla tematica “del non indovinare la diagnosi precisa”.
Proprio perché in questo particolare momento di sviluppo il soggetto che appare deficitario in uno specifico contesto evolutivo può condizionare e rallentare lo sviluppo globale del proprio funzionamento.
Per esempio un bambino di cinque anni con Disturbo della Comunicazione sarà molto condizionato negli apprendimenti e nel proprio mondo emotivo non appena frequenterà la prima elementare.
Per questo motivo sarà importante soffermarsi sulle diagnosi in comorbilità molto frequenti in questi casi. Viceversa falsificare tali ipotesi attraverso un’attenta indagine di diagnosi differenziale.
Per queste motivazioni sarà importante soffermarsi sui singoli sintomi inserendoli nei vari contesti
psicopatologici.
Anche la diagnosi differenziale e l’eventuale comorbilità, ove richiesta, dovrà essere messa in forma di ipotesi sempre. Avvalendoci della possibilità di richiedere ulteriori colloqui per acquisire maggiori informazioni. Larga parte del caso sarà, infatti, dedicata alle indagini da proporre.
Una volta terminato il processo di raccolta di informazioni diagnostiche sarà opportuno orientare il paziente al trattamento.
Il trattamento dovrebbe essere quanto più possibile attinente alle problematiche espresse dalla traccia. Al di là dell’approccio teorico prescelto è necessario valutare degli obiettivi terapeutici.
In età evolutiva più che di terapia o psicoterapia si parla di interventi riabilitativi o psico-educativi.
Il setting dello psicologo clinico dell’infanzia e dell’adolescenza viene strutturato in modo più libero del classico setting adibito a psicoterapia per l’adulto.
La comunicazione tra il terapeuta ed il paziente in età evolutiva non è quasi mai diretta ma mediata da attività ludicosimboliche e da osservazioni di compiti.
La psicoterapia in età evolutiva è, quasi sempre, partecipata dalla famiglia d’origine del soggetto in causa, e per questo si può parlare più che di psicoterapia individuale, di psicoterapia familiare.
Gli interventi riabilitativi e psico-educativi vengono coordinati dallo psicologo ma concretamente messi in atto da operatori socio-sanitari specializzati.
Questi sono, quasi sempre, a sfondo comportamentale e possono essere effettuati sia in apposite strutture a promozione riabilitativa che a livello domiciliare che favoriscano il benessere dell’individuo che ci sta di fronte.
Si potrebbe specificare che, qual’ora fosse confermata l’ipotesi diagnostica principale si potrebbe indirizzare l’individuo verso un tipo di trattamento che sceglieremo in base alle caratteristiche del caso.
Nella terza prova dell’esame di Stato in psicologia del lavoro è possibile svolgere la risoluzione di un caso organizzativo, soprattutto per coloro che hanno una preparazione universitaria inerente la Psicologia del Lavoro.
Ai candidati viene chiesto di analizzare e definire un piano di sviluppo per delle problematiche inerenti
piccole o grandi organizzazioni. Le problematiche più frequenti possono essere dei bassi indici di produttività, malessere nel clima organizzativo, riassetti organizzativi, piani di sviluppo del personale e attività di formazione.
Per questo motivo è utile prepararsi su tre tematiche importanti:
Una area non esclude l’altra infatti si può fare una lettura dell’azienda e poi proporre un piano di sviluppo delle risorse umane tramite degli strumenti di valutazione.
Dopo aver letto la prova è utile sottolineare ed iniziare a considerare tutte le informazioni riguardanti l’azienda presenti sulla traccia, individuare se si tratta di un’analisi organizzativa, una selezione/valutazione del personale oppure la costruzione di un corso di formazione. Successivamente esplicitate, punto per punto, ciò che vi richiede la prova.
Nello svolgimento di un caso organizzativo all’esame di stato psicologia, viene proposto allo psicologo di esplicitare gli strumenti, le metodologie, i tempi e i modi con cui si approccia alla conoscenza di un contesto lavorativo a lui sconosciuto.
Spesso nei primi contatti con un committente, così come i pochi elementi a disposizione nella prova, si ha bisogno di fare domande, indagare, sondare e chiarire quali sono gli obiettivi dichiarati dell’azienda, qual è la struttura e le gerarchie, qual è il clima e la cultura che influenzano la comunicazione fra i dipendenti.
E’ necessario utilizzare strumenti propri della professione, come interviste, test o questionari, per avere una esauriente visione delle dinamiche interne ai gruppi di lavoro.
Un consiglio utile è quello di rimanere coerenti con un approccio teorico di riferimento. Non cercate di analizzare i vari aspetti di un’organizzazione con diversi approcci e poi fare un intervento con un altro approccio ancora. Bisogna dare coerenza alle vostre ipotesi e utilizzare delle Teorie di Riferimento Contemporanee.
Molto spesso l’organizzazione chiede un piano di sviluppo delle risorse umane per conoscere ed ottimizzare le competente dei propri dipendenti.
Bisogna conoscere quali sono le competenze tecniche o trasversali richieste ai nuovi candidati ed esporre con quali strumenti si possono indagare. Nella valutazione delle risorse umane già presenti si devono proporre piani di sviluppo delle prestazioni, del potenziale o di entrambi.
Lo psicologo per ottenere un’efficace valutazione deve coninvolgere tutte le figure interessate dal capo ai dipendenti e formarle nel modo più adeguato
Oggi viene richiesto molto spesso allo psicologo di progettare corsi di formazione per adulti e/o gestire tali
apprendimenti nelle lezioni d’aula. Questa è una delle prove dell’Esame di Stato Psicologia.
Nell’attuale scenario lavorativo ci sono molte altre figure professionali che possono costruire tali attività, ma in
che cosa si differenzia il contributo delle scienze psicologiche?
Lo psicologo costruisce i processi di apprendimento in un ottica psicosociale ovvero pone l’attenzione sulle realtà gruppali, sulle dinamiche soggettive e motivazionali, su una riflessione dei ruoli professionali, sui legami di appartenenza al contesto lavorativo, sulla necessità di un modello da seguire che appartiene ai destinatari e su obiettivi condivisi e accettati dai soggetti.
Preparati sulle tracce precedenti della città in cui vuoi fare l’esame. Troverai una raccolta dei temi estratti nelle varie città nella specifica sezione del nostro sito.